La Pinza Triestina

Pare che a Trieste durante i giorni della Pasqua sia tutto un risuonare di “Bona Pasqua, bone pinze”. La pinza è un pandolce agrumato, dal sapore delicato e caratterizzato da un’inconfondibile morbidezza. E’ consuetudine consumarla a Trieste e Gorizia, le due città che se ne contendono la paternità.
Le origini della pinza, come la maggior parte dei piatti tradizionali, non sono ben precise. Si trovano numerose tracce nei manuali di cucina cecoslovacca e austriaca; in Veneto esiste qualcosa di simile che assomiglia di più ad una focaccia schiacciata ricca di frutta secca. L’Artusi si riferisce alla “pinza friulana” come ad una focaccia di burro, zucchero e farina. Così come, ancora, nella cucina istriana la pinza compare come “tipo di panettone che si mangia per Pasqua”.
Trieste è sempre stata influenzata da molteplici culture: da quelle Austro-Ungariche alle Boeme, dalle Slave alle Dalmate e Istriane e alle Greche, alle Turche e alle Ebraiche. Di conseguenza anche la cucina triestina ha avuto modo di assorbire e rielaborare le tradizioni più disparate.
Ernesto Kosovitz (autore di opere sul dialetto triestino) definisce la pinza “focaccia, pinza degli ebrei”, collegando il termine “pinza” alla “pitta” di origine ebraica. E a una focaccia pasquale che nella cucina greca porta lo stesso nome.
In passato la preparazione della pinza richiedeva alle massaie molto tempo. Era un rituale che iniziava al mattino presto. Si preparava il lievito e si procedeva con il primo impasto. Ne seguiva una prima lievitazione, un secondo impasto e una seconda lievitazione. Si dava forma ad un panettone basso e dopo la terza lievitazione e l’incisione sulla cupola (tre tagli profondi a Y che vogliono ricordare il martirio di Gesù), la pinza veniva portata al forno di quartiere, rigorosamente contraddistinta da un bigliettino e lì, si procedeva con la cottura. La pinza veniva consumata il giorno di Pasqua solo dopo la benedizione durante la messa pasquale. Un’antica leggenda triestina narra infatti che, se la pinza viene consumata prima della benedizione in Chiesa, dai suoi tagli scaturirebbe del sangue.
La pinza, non essendo particolarmente dolce, è uso a Trieste servirla con del prosciutto di Praga.

La pinza triestina
Ingredienti
- 1 kg di farina 0
- 25 g di lievito di birra fresco
- 250 ml circa di latte fresco intero
- 200 g di zucchero
- 200 g di burro
- la scorza grattugiata di un'arancia bio
- 5 tuorli d'uovo
- 1 uovo intero da usare per spennellare la superficie
- 1 e 1/2 cucchiaino di sale fino
- 2 cucchiai di rum
Istruzioni
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Formate il lievitino: intiepidite leggermente il latte, versatene un po' in un contenitore e scioglietevi all'interno il lievito di birra. Aggiungete un cucchiaino di zucchero e 2 cucchiai di farina (tolti dal totale). Lasciare lievitare per circa mezz’ora, fino a quando il composto non diventerà gonfio e schiumoso. Nel frattempo fate fondere il burro e lasciatelo raffreddare.
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Al lievitino aggiungete, poco per volta ed alternandoli, tutti gli ingredienti. Potrebbe essere necessario aggiungere altro latte. Alla fine l’impasto dovrà risultare compatto e liscio. Trasferite l'impasto all'interno di un contenitore e coprite con della pellicola trasparente.
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Lasciate lievitare fino a quando l’impasto non sarà raddoppiato (ci vorrà circa un’ora). Lavorate nuovamente la pasta: sgonfiatela, formate una palla e lasciatela raddoppiare nuovamente riponendola nel contenitore come per la prima lievitazione.
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Sgonfiate nuovamente l'impasto, lavoratelo per dare nuovamente la forma di una palla (questa sarà la forma definitiva). Trasferite l'impasto su di una teglia coperta da carta forno e lasciate lievitare fino al raddoppio per la terza volta.
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Spennellate la superficie della pinza con l'uovo sbattuto. Con le forbici praticate sulla superficie delle profonde incisioni. Cuocete in forno preriscaldato statico a 170°C per 40/45 minuti.
Fonti: La cucina delle feste Aifb